Poche centinaia di studenti di tre scuole secondarie di primo grado lucchesi affrontarono il triennio delle medie col peso di un iPad. Una adozione infelice – per la mancanza assoluta di contenuti adatti al mezzo e una rimarchevole impreparazione del sistema|scuola|italia, per dirla con leggerezza. Succedeva qualche anno fa. È tuttavia interessante notare come il mercato di questo prodotto mobile abbia superato di gran lunga il mercato dei personal computers da tavolo, e supererà il computer portatile: essi convergeranno.

Molto osteggiato da molti, probabilmente con lo spirito degli stessi convinti assertori che “a fare un taglio nella tela che ci vuole” davanti ad un Fontana, quel che chiamiamo tablet è una tecnologia che già esisteva, pensata decine di anni fa e realizzata da lustri; ma solo con il piglio di Steve Jobs è divenuto un prodotto sexy, si è creato un mercato e ha trascinato gli schermi con o senza il pennino ad un successo inesorabile e ad un futuro che qui in mmad consideriamo assai lungo: in evoluzione.

Nonostante le molte e spesso autorevoli Cassandre, che vedono il declino delle vendite di questi anni come la fine del mercato tablet. L’assestamento del mercato dopo il boom e la crescita dei prezzi medi è un fatto di normale condizione, semmai è il tempo in cui ciò accade a dover essere analizzato; ed è facilmente intuibile che il futuro di questi strumenti sarà sempre l’uso ricreativo sulle genericità, e la specializzazione professionale in altra guisa. Non è nato per fare tutto, il tablet.

Apple da sola ha stabilmente fatto suo un quinto del mercato. Che si contrae in volume, non per user, ma per cause naturali – maggiore durata del prodotto nelle abitudini di uso, avvento di nuovi ibridi come i convertibili (strumenti che sono più di un tablet ma non sono un pc, li definiamo tentativi di compromesso: servono a smaltire schermi e componenti in un mercato saturo). Intelligenti e/o prezzolati analisti possono prodursi nella storia della genesi e nell’analisi del successo, o della contrazione. Non è tema di dibattito in questa sede.

Di fatto iPad è più bello perché Apple sa dirlo meglio, ed è il costo non contenuto, unito ad una più lontana obsolescenza programmata rispetto a qualunque smartphone, che lo fa criticare. Ma funziona bene, meglio di ogni altro tablet consumer, per ora. Integrare hardware e software proprietari ha i suoi vantaggi.

Non è la critica allo schermo che probabilmente fa male agli occhi, alle radiazioni del WiFi che, ma, forse sono cancerogene: niente potrà fermarlo. I detrattori sono il propellente del progresso, stimolano gli early adopters e fomentano la diffusione, fino poi ad adattarsi anch’essi.

Il tempo e la tecnologia aiuteranno ad individuare schermi meno dannosi, le reti useranno frequenze più adatte, le antenne diventeranno più sicure. Le tastiere saranno ergonomiche superfici estraibili, non più aggeggi incorporati in una cover o rigide appendici. O non serviranno. Il tempo affina l’opera dell’ingegno; intanto i nuovi apparecchi hanno cambiato le abitudini.

Il torchio ha cambiato la storia. Lettura e conoscenza trasmessa su larga scala. L’ipertesto è la nuova rivoluzione nella trasmissione dell’informazione, ancora poco praticato.

La fatica di fronte al cambiamento la fanno i resistenti al cambiamento – mica i ragazzi che studiano sugli iPad. Non è meglio, o peggio. È semplicemente diverso. Quello che conta è il risultato.

Se i ragazzi imparano diversamente, se scoprono e praticano l’ipertesto, il vero cambio di paradigma nel condurre un contenuto per cui le generazioni âgé mostrano diffidenza e limiti nel comprendere, allora i processi cognitivi non lineari che tutti pratichiamo nella vita di tutti i giorni (nonostante i libri cartacei che tendono ad una linearità con tentativi d’obsolescenza) potrebbero trovare spazio anche nella fruizione e nella didattica, e non solo per l’ingegno di qualche insegnante ma come opportunità orizzontale e straordinaria per il futuro del nostro pensiero.

E se la critica è al libro elettronico, sarebbe opportuno porsi una domanda: quali sono i confini tra i libri di carta e gli ebook?

Conosciamo bene i primi, ci accompagnano da più di cinquecento anni, praticamente immutati nella fruizione, nella conduzione dell’informazione. La comunicazione con un libro è come un filo di arianna, un percorso che si dipana in modo lineare. Con scarsissime eccezioni. La disposizione dei secondi è una trasposizione in formato digitale dei primi, arricchita però in potenza dall’interattività e dai collegamenti ipertestuali, che completano e spaziano il contenuto in una direzione tridimensionale, dalla relazione e potenzialità di fruizione inusitata.

Non sono diffusi concorsi letterari che considerino il testo in un contesto di fruizione digitale. Che considerino la capacità di scrivere in modo non lineare contenuti che si modellino tra loro, che si completino, in una esperienza di lettura che si disgreghi in forme complesse e tridimensionali.

I nostri figli, cresciuti con l’esperienza diretta di queste modalità di apprendimento, potranno essere lettori e scrittori diversi.

L’editoria da anni si interroga sul cambiamento. I freni inziali delle aziende editoriali – che prima ignoravano e poi risicavano un catalogo digitale, privilegiando la carta – sono ormai caduti. Oggi ogni editore ha un nutrito catalogo di libri in formato elettronico, spesso paragonabile a quello stampato. E il primo progetto intitolato al fondatore della prima rivoluzione dell’informazione assume confini sempre più grandi e cloni più o meno noti, aggiungendo propellente alla seconda rivoluzione in atto. Nel mercato globale dei tablet, che complessivamente registra la flessione fisiologica delle analisi temporali, il player Amazon (nato coi libri di carta) registra una crescita continua col suo Kindle. Economico, lunga autonomia, per leggere o navigare – e poco più. Ma il vero impulso verso l’adozione di strumenti adatti lo si avrà quando sapremo fruire l’ipertesto più compiutamente, quando saremo in grado di apprezzarne i vantaggi su scala estesa.

Le automobili e l’industria hanno prodotto un inquinamento che potrebbe compromettere la nostra stessa esistenza. Ma hanno prodotto anche quello sviluppo velocissimo e senza eguali nella storia che ci consente di accorgerci dei problemi per tempo. Gli ebook e il testo digitale, arricchito, ampio, si leggono con uno schermo. Ma consentono nuove opportunità di scrittura e di comunicazione, attraverso percorsi cognitivi più articolati, complessi, fluidi e fulgidi.

Che si tratti dunque di progresso?